BREVE DESCRIZIONE DI COSA È UN AGENTE IMMOBILIARE (E COSA NON È)
BREVE DESCRIZIONE DI COSA È UN AGENTE IMMOBILIARE (E COSA NON È)
Cominciamo con il dire COSA NON È un agente immobiliare.
Innanzitutto, non è da confondersi un Agente Immobiliare con quella variante di inutile cretino che, goffamente incravattato, gira per quartieri citofonando a destra e manca alla “ricerca di appartamenti da vendere”.
Parimenti, non è definibile “Agente Immobiliare” quel fastidiosissimo idiota che telefona continuamente in palazzi dove trovasi collocato un avviso di vendita (di agenzie), chiedendo, dall’alto della sua imbecillità: “è qui che si vende un appartamento?”
Per comodità di analisi diremo che tali elementi vadano semplicemente annoverati tra i tanti idioti che purtroppo abbondano nella nostra quotidianità.
Invero, l’Agente Immobiliare è una una delle figure professionali tra le più utili socialmente in quanto, con la sua professionalità, pregna di rispetto verso il cliente (E VERSO I COLLEGHI) accompagna quotidianamente le famiglie italiane nel difficile percorso verso l’acquisto della propria casa ideale.
Gli esempi negativi purtroppo abbondano ma, si sa, la madre dei cretini è sempre incinta.
AUTORITÀ ED AUTOREVOLEZZA
AUTORITÀ ED AUTOREVOLEZZA
Sono due termini effettivamente simili ma con una differenza di merito enorme.
L’epoca in cui viviamo (più che in passato) vive il dramma di avere una classe dirigente particolarmente modellata all’autorità (e che spesso ignora totalmente la sostanza dell’autorevolezza).
Tempo fa, un notaio (persona visibilmente incolore e mediocre) pretendeva che il suo assunto fosse da prevalere sul mio “a prescindere” solo e perchè in quanto autorità !!!
E’ un’autorità, persino il vigile urbano, il quale, se nello svolgere le sue funzioni fosse stato “formato” per perseguire l’interesse della città capirebbe che, spesso può essere più vantaggioso in termini di valorizzazione turistica non elevare pedissequamente una multa al turista ma fermarsi ad un garbato richiamo.
In questo caso sarebbe “autorevole”.
L’autorevolezza presuppone statura morale e valoriale, in altri termini: grandezza interiore.
Il soggetto che si esprime solo in termini di autorità, spesso è un mediocre, che solo per casi fortuiti ricopre un determinato ruolo, nel quale scarica tutta la sua frustrazione, consapevole della propria mediocrità, (mi viene in mente “un giudice” di De Andrè).
E’ evidente che, l’assenza di autorevolezza nelle persone ai vertici della nostra società rappresenta forse l’origine dei tanti mali che si sono abbattuti e continuano ad abbattersi sulla nostra quotidianità.
Urge trovare il modo di azzerare questo stato di cose cominciando a chiamare le cose con il loro vero nome per cui il mediocre rimane mediocre anche se è al vertice e possibilmente valorizzare ed apprezzare le persone veramente autorevoli (che spesso sono quelle che non urlano), perchè solo riorientando il nostro mondo in questo verso possiamo sperare in un futuro migliore.
NON È LA FUNZIONE CHE DA PRESTIGIO ALL’UOMO MA È L’UOMO CHE DA PRESTIGIO ALLA FUNZIONE.
ALLA RICERCA DEL PARADISO PERDUTO
ALLA RICERCA DEL PARADISO PERDUTO
C’era una volta (non molto tempo fa’) un fantastico paese dal nome ITALIA nel quale al mattino il sole ti svegliava ridente e guardavi un bellissimo cielo azzurro prodigo di meravigliose promesse.
Ti recavi al lavoro e, per strada ti salutavano tutti chiamandoti per nome perchè oltre te, conoscevano tuo padre, tuo nonno e l’intera famiglia che lì era sempre vissuta.
Ognuno affrontava le sue fatiche quotidiane con gioiosa serenità ed a sera si tornava a casa stanchi ma con tanta voglia di raccontare alla moglie, ai figli ed ai vicini tutti i progetti che alimentavano il gusto del vivere (vorrei dire ai “Bocconiani” che la fiducia nel futuro è il motore più potente per la “crescita economica”).
Spesso riuscivi a mettere dei soldini da parte e quando il gruzzolo cresceva lo depositavi in banca dove ti accoglieva (con notevole considerazione) il tuo impiegato di fiducia (sempre quello da sempre) remunerandoti molto bene e questa gratificazione stimolava il desiderio di ulteriori risparmi (“la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme” art. 47 della Costituzione Italiana – oggi abbiamo un’inflazione quasi a due cifre e le remunerazioni sui depositi inesistenti).
Se poi riuscivi ad acquistare un immobile da locare la tua autostima arrivava a mille e ti sentivi “ricco” oltre che di denaro, anche di tanti nuovi progetti per il futuro, un futuro che era sempre più roseo e pieno di certezze (il governo Monti ha fortemente danneggiato e diminuito il valore delle nostre case e svuotato di senso la proprietà immobiliare, baluardo di libertà e vero “volano” della crescita economica).
La domenica, dopo la messa con la moglie ed i bambini passeggiavi per i giardini della “tua città” dove persino gli alberi ti sorridevano paterni, avendoti visto crescere in quegli stessi luoghi dove ora respiravi la stessa aria con i tuoi figli (sottolineo ai “Bocconiani” che vivere in “modalità gioia” moltiplica il potenziale produttivo di ogni individuo).
Lavoravi tanto e spesso pensavi a quando, divenuto sessantenne con la meritata pensione ti saresti dedicato ai tuoi hobby più cari ed alla tua famiglia e tutto questo ti dava una sensazione di tranquillità e di ordinata serenità (la legge “Fornero” ha distrutto la serenità, le prospettive e le certezze degli italiani).
Poi, ad un tratto, il cielo si è addensato di nubi scure, i giornali con le erudite parole del prof. Prodi cominciavano a parlare di necessario momentaneo rigore, di spread, di mercati, di pareggio di bilancio in funzione del quale tutto andava sacrificato con tutte le arcinote misure in chiave neoliberista.
Al mattino ti svegli con un groppo allo stomaco e guardando il cielo sempre più cupo, cerchi la forza per affrontare l’ennesima giornata tra vicini sconosciuti ed iracondi e colleghi stressati.
Tutti corrono, tutti urlano, e quindi, anche tu corri e corri senza sapere più alla fine verso cosa (celebrazione dei dogmi imposti dalle plutocrazie con la globalizzazione).
E pensando a ieri una lacrima ti solca il viso con un dubbio che ogni giorno si fa sempre più pressante:
Sono folle io nel rimpiangere un mondo che non c’è più o, piuttosto sono folli coloro che lo hanno distrutto ?
Ai posteri l’ardua sentenza.
LA FINE DEL PENSIERO
LA FINE DEL PENSIERO
Ascoltare i politici (presunti tali) di oggi ci dà la misura della più totale assenza di “Pensiero” (e di Visione) che caratterizza i loro discorsi, pregni di quel nulla che ha ormai invaso ogni spazio di riflessione della nostra quotidianità.
Ad ogni consultazione elettorale è sempre maggiore il numero di persone che non va più a votare, schifati da una legge elettorale “truffa” che ha generato l’occupazione totale della più becera partitocrazia ed ha sottratto al popolo la possibilità di scelta dei candidati (oltre che dalla visibile mediocrità e basso livello degli stessi, totalmente protesi verso una sorta di “guerra tra bande” ed incapaci di esprimere una Visione Politica).
Ma davvero dobbiamo pensare che non esista alternativa a questa manica di beoti che dovrebbero rappresentarci ?
Davvero dobbiamo accettare l’idea che “così va il mondo” stiracchiati pigramente sul divano in compagnia della nostra mediocrità ?
Se così è, nessuno si senta in diritto di lamentarsi o di protestare dal momento che abbiamo rinunciato ad alzare gli occhi ed il respiro verso l’azzurro del cielo del nostro domani, incapaci di elevarci oltre la mediocrità di questa fauna umana ed assuefatti al torbido e nauseabondo odore di cloaca, spacciato per normalità da sorridenti idioti in giacca e cravatta.
Va invece preso atto della condizione gravemente patologica della nostra epoca.
La politica è malata perchè la società è malata (così la sanità, la scuola e persino la musica).
Il problema è l’assetto valoriale del tempo in cui viviamo.
Sono venuti meno gli elementi connettivi che facevano di tutta la concezione della vita e della politica qualcosa di raccolto intorno a dei Valori capaci di ordinare ed illuminare l’universo mentale e civile degli uomini.
Preso atto di ciò, bisognerebbe lanciare l’allarme attraverso le scuole, le parrocchie, i centri sociali affinchè si metta fine a questo scempio dell’umanità e si ricominci ad individuare Uomini e Donne con un Cuore grande e capaci di visioni luminose.
L’EPOCA DEI COMPETENTI
L’EPOCA DEI COMPETENTI
Nella politica assistiamo spesso al trionfo dei cosiddetti “competenti” e questo genera in noi, poveri “ignoranti”, un senso di supina tranquillità, dal momento che “per fortuna” ci sono queste “grandi menti” a reggere il traballante timone del nostro paese.
Ma siamo sicuri che le cose stiano veramente in questi termini ?
Francamente, visti i risultati qualche dubbio è normale che sorga (penso ai disastri creati da Monti e Fornero ed i tanti “competenti” alle prese con la tragica gestione della pandemia).
In genere si è portati a pensare che “la competenza” sia il primo requisito che un politico debba possedere trascurando che in realtà la qualità (rara) che un leader dovrebbe avere è la capacità di “Visione” (che è una dote naturale, innata, non la si studia a scuola).
Dovremmo imparare a distinguere gli uomini in due categorie:
1)-quelli che sanno COSA FARE (questi sono “I leader);
2)-quelli che sanno COME SI DEVE FARE – cosiddetti “competenti” (questi sono i collaboratori del leader).
Potremmo dire in estrema sintesi che il competente sa “COME SI FA” – invece il politico dotato di “visione” sa “COSA SI DEVE FARE” e probabilmente è quello meno competente in materia.
La differenza è tutt’altro che trascurabile.
E’ praticamente impossibile che le due qualità coesistano in quanto essendo innumerevoli le materie ed i temi di cui si dovrebbe possedere competenza, probabilmente dovremmo rivolgerci direttamente a Dio (ma eviterei di scomodarlo per ovvie ragioni di rispetto).
Finiamola quindi di esaltare queste mezze tacche che pretendono di indicarci una via che loro per primi hanno smarrito o forse semplicemente non hanno mai conosciuto e cerchiamo di individuare soggetti che sappiano davvero “COSA FARE”.
Ci accorgeremmo che, contrariamente al pensare comune, troviamo uomini e donne che abbondano di luminose visioni ai piani bassi dell’architettura sociale, dal momento che evidentemente “La Bocconi” non riesce a sfornarne.
Ognuno ne tragga le conclusioni che vuole.
CHI CONTROLLA I CONTROLLORI?
CHI CONTROLLA I CONTROLLORI?
A Barletta ogni estate trascorsa rappresenta l’ennesima occasione persa per alzare il livello della nostra accoglienza turistica.
PER AVERE UNA CHIARA VISIONE DELLE SCELTE DA ATTUARE DOBBIAMO INNANZITUTTO STABILIRE COSA VOGLIAMO ESSERE !!!
Se il presupposto è quello di voler essere una città con una buona capacità di attrattiva turistica allora dobbiamo imprimerci bene in mente che LA NOSTRA “MATERIA PRIMA” E’ IL NOSTRO TERRITORIO E LA NOSTRA STORIA e di conseguenza dobbiamo completamente ripensare la nostra amministrazione locale, in particolar modo IL LAVORO DEI VIGILI URBANI.
Mi sono chiesto spesso chi organizza e controlla il lavoro dei nostri vigili ? il sindaco, l’assessore o il comandante ?
Questa importante funzione va ripensata e formata sulla base di quelle che sono le esigenze reali di una città che si prefigge di attrarre turismo.
Le nostre LITORALI non possono essere ABBANDONATE A SE STESSE in balia di cafoni e trogloditi.
Non è possibile che nelle serate estive orde di tribù familiari si impossessino delle litorali dando con il loro bivaccare uno spettacolo degno di un accampamento di zingari (addirittura si è arrivati a bivaccare persino presso l’ingresso del castello !!!).
Questa è l’antitesi di una prospettiva turistica.
La PRESENZA gentile e costante dei vigili (i quali rappresentano il più importante sostegno operativo alla vocazione turistica della nostra città) deve essere la prima regola, a voler seguire questa logica e questi obiettivi.
Si consideri (come in una qualsiasi azienda) il rapporto costo/beneficio dell’esborso di uno stipendio del vigile ed al ritorno economico che da quell’esborso deve prodursi a beneficio della collettività e non mi riferisco affatto alle multe da elevare ma alla capacità di sostenere e rafforzare il nostro notevole potenziale turistico.
Se Barletta saprà diventare “interessante” ed attrattiva turisticamente il ritorno economico andrebbe a beneficio di tutti, cittadini ed amministrazione.
La Puglia è attenzionata da turisti da tutto il mondo e non intercettare questa “onda virtuosa” sarebbe davvero grave.
Non avendo più l’industria e l’artigianato della scarpa e della maglieria che in passato ha generato una diffusa e poderosa ricchezza, non ci rimane molto altro su cui puntare.
D’altro canto, si possono attrarre tutti i finanziamenti pubblici che vogliamo ma se non siamo capaci di creare lo “scenario” adatto ed idoneo all’interno del quale la nostra capacità di attrattiva turistica possa esprimersi e crescere, servirebbe a ben poco.
Questo è il solco nel quale definire la VISIONE futura della città.
E’ così difficile da capire?
CON LA BELLEZZA SI MANGIA
CON LA BELLEZZA SI MANGIA
Che il brand “Puglia” abbia raggiunto una considerazione direi mondiale è ormai noto a tutti ma non tutte le amministrazioni sono in grado di intercettare le ricadute positive che ciò comporta per la economia di ogni singola città.
Parlando (per esempio) di urbanistica a Barletta appare evidente che il tema della BELLEZZA è totalmente assente nella sensibilità e nella Visione di amministratori, tecnici ed operatori.
Si edifica, si ristruttura, si rifanno facciate senza prevedere un minimo di compatibilità geometrica e cromatica di ogni singolo intervento senza rendersi conto che si sta disegnando il volto della Barletta di domani.
Basta osservare la nostra zona 167: un autentico trionfo di disarmonia geometrica e cromatica dove non c’è nessuna compatibilità estetica tra fabbricati alti, a parallelepipedo e magari rossi con palazzi contigui, bassi, dalle forme rotondeggianti.
Il Comune virtuoso dovrebbe vigilare attraverso un ufficio “ad hoc” che con una pianificazione sapiente ed improntata alla bellezza verifichi PREVENTIVAMENTE la compatibilità estetica e cromatica di ogni opera.
E’ paradossale pensare che ognuno di noi, quando si veste è attento a che la scarpa si abbini alla giacca, la cravatta con la camicia e cosi via, mentre non si è capaci di comprendere quanto sia importante che i quartieri siano formati da palazzi armoniosamente compatibili per geometria e colore.
Fa ridere (dovrei dire piangere) rilevare che mentre non è consentito (giustamente) ad un cittadino di alterare il prospetto architettonico di una sua proprietà si consente liberamente a tanti pseudo costruttori, tecnici e compagnia cantante di edificare quartieri all’insegna della più totale disarmonia geometrica e cromatica generando la bruttezza in ogni dove.
Il brand “Puglia” insegna che con la bellezza si mangia.
Il turista non torna in una città brutta.
L’amministrazione DEVE sviluppare questa sensibilità al “bello” a sostegno di tutti gli operatori commerciali barlettani oltre che di noi cittadini tutti.
Se ammiriamo e godiamo di città come Cannes, Portofino, Nizza è semplicemente perchè, a suo tempo qualcuno si è posto questo genere di problemi.
IL TEMA DELLA COMPATIBILITÀ GEOMETRICA E CROMATICA NELLA PROGRAMMAZIONE URBANISTICA
IL TEMA DELLA COMPATIBILITÀ GEOMETRICA E CROMATICA NELLA PROGRAMMAZIONE URBANISTICA
A Barletta si sta parlando di programmazione del nuovo Piano Urbanistico Generale.
A tal proposito auspico che gli “addetti ai lavori” vogliano considerare nella programmazione urbanistica di domani, oltre agli aspetti tipicamente di merito anche l’importante tema della compatibilità geometrica e cromatica dei fabbricati.
Parto da un assunto semplicissimo:
ognuno di noi nell’atto quotidiano del vestirsi si preoccupa di coordinare la giacca con il pantalone, la cintura con le scarpe e così via (come è logico che sia) e stiamo parlando del vestiario di una giornata (al più).
Trovo pertanto pericolosamente insensato che, nel “vestire” la nostra città ed i nostri quartieri non ci si ponga lo stesso elementare problema della compatibilità estetica (che è essenzialmente geometrica e cromatica) e stiamo parlando di elementi (i fabbricati) che costituiranno la visione della città per centinaia di anni.
Si pensi alle ricadute fortemente negative che questo genera sulle potenzialità turistiche di Barletta in un momento in cui il “brand Puglia” ha attenzionato visitatori da tutto il mondo.
I nostri quartieri si presentano come una cozzaglia di edifici i quali, visti singolarmente saranno anche graziosi (quando lo sono) ma collocati in contiguità con altri fabbricati totalmente diversi per forma e colori farebbero inorridire chiunque abbia un benchè minimo di senso estetico, osservate piazza Caduti, stuprata nella sua originaria bellezza nel 1985 con l’abbattimento di “Palazzo Cuomo” sul quale è stato edificato un palazzo con la facciata a specchi collocato di fronte al palazzo “Criscuoli” in stile Liberty ove poi, successivamente è stato edificato sull’area ex magazzini Standa un palazzo a forma di un budino tondeggiante.
(Nella zona 167 poi i nostri urbanisti della “bruttezza” hanno veramente superato se stessi).
Viene da ridere (direi da piangere) considerare che, chiunque voglia allargare una finestra della propria casa sarebbe GIUSTAMENTE multato perchè si configurerebbe una alterazione del prospetto architettonico del fabbricato, generando bruttezza e disarmonia mentre un qualsiasi costruttore è lasciato libero di edificare un parallelepipedo alto e brutto accanto ad un fabbricato magari basso e dalle forme tondeggianti con un effetto esteticamente molto più devastante e temporalmente lunghissimo sulla fisionomia del contesto urbano.
Barletta è anni luce lontana dal concetto di “città bella” e questo impatta direttamente e negativamente sulle nostre potenzialità turistiche.
Se ammiriamo città come Cannes, Nizza, Sanremo è perchè qualcuno, a suo tempo si è posto questo genere di problemi.
L’azione dell’Urbanista è per certi versi simile all’opera di un artista che si accinge a dipingere un bel quadro e, nel far ciò, crea gli accostamenti più belli e gradevoli per giungere al risultato di generare bellezza.
E’ pertanto assolutamente necessario inserire nel nuovo Piano Urbanistico Generale l’OBBLIGO della compatibilità geometrica e cromatica e della creazione di ampi spazi verdi per chiunque desideri presentare un progetto di costruzione, A PENA DI BOCCIATURA del progetto stesso.
Ovviamente l’ufficio preposto a tale importantissima funzione dovrà essere composto da soggetti in possesso di adeguata SENSIBILITA’ E PROFESSIONALITA’.
Tutto questo non fa certamente onore a chiunque a tutt’oggi ha avuto un ruolo nel progettare, approvare, costruire e realizzare in quanto sostanzia e certifica la più totale inadeguatezza.